Emozioni

Ci sono cose che superano i perimetri progettuali. Accade quando l’idea iniziale cresce al punto da risultare quasi irriconoscibile. Intendiamoci, è un evento raro. Quando si verifica abbiamo la fortuna di assistere a una reazione a catena, un effetto valanga che si autoalimenta moltiplicando a dismisura gli effetti.

È accaduto all’ingegner Issigonis e al dottor Pemberton. Il primo aveva progettato un’auto col motore trasversale, il secondo la confezione di uno sciroppo dissetante venduto come bevanda da asporto. La vetturetta a motore trasversale fu chiamata Mini, Coca-Cola la bevanda del farmacista di Atlanta. Due oggetti che molto presto hanno smesso di essere ciò per cui erano stati pensati – un’auto piccina, una bevanda dissetante.

Identica vicenda è accaduta al Salone del Mobile. Nata nel 1961, è divenuta la più importante manifestazione di settore al mondo. Analogamente a quanto è accaduto all’ingegnere di origine greca e al farmacista della Georgia, gli ideatori molto probabilmente oggi non riconoscerebbero la loro creatura: una “macchina di comunicazione” unica al mondo.

Chi scrive ha visto, edizione dopo edizione, i risultati dell’evoluzione dei tre fattori genetici originari: le imprese e i loro brand, la Fiera intesa quale motore organizzativo e infine la città, quinta scenografica e al tempo stesso palcoscenico della rappresentazione.

Le Aziende e i loro brand abbiamo detto. Il risultato dell’incontro (del matrimonio?) tra l’intelligenza creativa dei progettisti e quella produttiva delle imprese avvenuto all’inizio degli anni ’50. Ovvero, il parlare al cuore con il linguaggio delle emozioni e dei sogni, sostenuti dalla consistenza tecnica dei saperi produttivi. E il design, la forma d’arte che insieme al grande cinema meglio rappresenta il Novecento, esplode in tutta la sua ricchezza, varietà, ridondanza, celebrazione, speculazione, autenticità e finzione. Il nuovo, l’avveniristico, il frutto della ricerca e dell’innovazione vivono a fianco della citazione, del già visto di sapore manieristico, di quello che nel linguaggio del marketing si chiama “me-too”. Ma è anche questo il bello (la forza) del Salone: linguaggi e codici visivi a volte straordinariamente diversi manifestano sotto lo stesso tetto la loro incredibile vitalità.

Poi c’è la città. O forse oggi è più corretto dire che prima c’è la città. Forse solo a Milano, la più piccola delle grandi città europee, la sola grande città europea che si possa attraversare a piedi da un capo all’altro, si poteva inventare quel fenomeno di costume (di cultura, di socialità, di umanesimo metropolitano) che va sotto il nome di Fuori-Salone. Nato perché il Salone non era più sufficiente a contenere, indirizzare e incanalare energie, vitalismi, curiosità, creatività, desideri, voglia di leggerezza? Mistero. Ma il motivo, i motivi, non contano più. L’importante è che per una settimana tutta la città diventa il luogo dove mostrare e mostrarsi: idee, progetti, persone, oggetti e prodotti, sogni e interpretazioni. Un gioco di scambi, di specchi, di incontri e di riscontri che rendono Milano la città più teatrale dell’Europa.

Per chi come noi considera il Salone l’evento clou del design internazionale è d’obbligo esprimere un’avvertenza. Come tutte le grandi macchine teatrali, anche la triade Salone – Fuori Salone – Città di Milano è un oggetto di fragile complessità. Sul suo palcoscenico vengono portate in primo piano – anche in forme esasperate – le tendenze, le mode e gli orientamenti culturali della modernità occidentale. Una festa eccitante che a volte può far scordare ai protagonisti le vere finalità e i veri obiettivi: dare identità chiara e memorabile ai loro brand. I prodotti – per quanto straordinari, per quanto originali e innovativi – lasciati a sé stessi sono soli e nudi. Il grande racconto della creatività espresso attraverso i materiali e le forme ha bisogno di essere sostenuto da un contrappunto (una sorta di basso continuo) che ne narri gli obiettivi, le funzioni, la genesi e i naturali fruitori. Per chi disegniamo, progettiamo, produciamo, distribuiamo? Quale idea di mondo vogliamo proporre al mondo che ogni anno accorre nella Gerusalemme della creatività e dell’abilità produttiva, la Città delle Idee che accoglie, stupisce, affascina? Poi, finalmente, arriva aprile. E la festa ha inizio.